LA VENA SAFENA: TOGLIERLA O CONSERVARLA ?

Spesso il paziente affetto da insufficienza venosa cronica (le “varici”) si presenta in ambulatorio specialistico convinto di avere un problema alla “safena”.

In realtà la vena safena non è né il vaso tortuoso visto sulla superficie della gamba dal paziente, né il diretto responsabile delle varici (Does a saphenous varicose vein exist? Phlebology 1997; 12: 74–77).
La safena è una vena che potremmo definire come “l’autostrada” usata dal sistema venoso superficiale per riportare il sangue verso cuore e polmoni. Essa corre all’interno di una fascia anatomica, come un “involucro”, che la protegge dallo sviluppare importanti dilatazioni e tortuosità.
La safena mette in collegamento il sistema venoso superficiale (visibile e palpabile sottopelle in caso di varicosità) con il sistema venoso più profondo. Ciò che il paziente vede e sente è per l’appunto il sistema venoso più superficiale: una rete che dovrebbe portare il sangue dentro la safena, dalla superfice alla profondità, dai piedi verso il cuore.
Valvole all’interno di tutte queste vene permettono che il sangue scorra sempre in questa direzione (Lower limbs venous kinetics and consequent impact on drainage direction. Phlebology. 2018; 33:107-114)
Ove tali valvole si rovinino nei punti di congiunzione tra superficie e safena e tra safena e profondità si creano delle inversioni del flusso venoso, con conseguente risalita del sangue verso la superfice, dilatazione delle vene visibili ad occhio nudo, aumento della pressione al loro interno ed associata comparsa sintomatologica (Altered velocity gradient in lower limb chronic venous disease. Phlebology. 2019 Feb;34(1):17-24).
La safena a quel punto potrà presentare un reflusso venoso al suo interno, ove per “reflusso” si intende l’inversione della direzione del drenaggio del sangue, non più dalla superfice alla profondità ma dalla profondità alla superfice, non più dal basso verso l’alto, bensì dall’alto verso il basso.
Il fatto di riscontrare un reflusso in safena non vuole dire che questa sia “malata”: indica semplicemente il suo trovarsi nel mezzo di due punti della circolazione a diversa pressione. E’ un po’ come quando in una stanza della nostra casa “l’aria fa corrente” perché una finestra ed una porta sono aperte allo stesso tempo. Per eliminare la corrente è sufficiente chiudere la porta o la finestra, facendo così tornare l’aria a circolare normalmente.
Durante l’indagine ecografica, lo Specialista dotato di competenza specifica può e deve eseguire cosiddette “manovre di eliminazione del reflusso” atte ad indentificare con precisione i punti interessati da malattia.
Troppo spesso infatti l’esame ecografico viene focalizzato sulla presenza di un reflusso o meno lungo l’asse safenico. L’attenzione deve essere invece anche e soprattutto volta ad identificare la sorgente di quel reflusso, nonché il punto in cui lo stesso reflusso termina. Solo così sarà possibile indicare un trattamento ritagliato sulla necessità specifica di ogni singolo paziente. Solo così sarà possibile proporre un trattamento che miri a riparare una vena malata in luogo di asportarla, ottenendo un risultato dimostrato due volte superiore in termine di ripresa di malattia, finanche a 10 anni di osservazione (Varicose vein stripping vs haemodynamic correction (CHIVA): a long term randomised trial. Eur J Vasc Endovasc Surg 2008;35:230-7).

La descrizione dettagliata delle possibili soluzioni terapeutiche con conservazione della safena e riparazione in luogo di asportazione del vaso malato è riportata nella dedicata pagina web a questo link.